Pensieri per uno sviluppo produttivo

Pensieri per uno sviluppo sostenibile nei comuni dell’area media del Parco delle Groane

Cesate lì, 13 gennaio 2011

Si fa un gran parlare di sviluppo sostenibile ma non c’è sostenibilità senza sviluppo. Gli imprenditori dovrebbero essere maggiormente ascoltati nelle scelte delle politiche territoriali.

Un’occasione potrebbe essere la prossima candidatura di Milano per l’expo 2015, ma la nostra zona rischia di essere esclusa. Eppure da quando fu concepita nei primi anni “60″ la Città Satellite è stata per lungo tempo un modello. Gli imprenditori di Cesate, ma anche gli altri Comuni della area media delle Groane, (Solaro, Limbiate, Senago, Garbagnate e Caronno) hanno la necessità di essere sostenuti a partire dal rapporto con le istituzioni, a partire dal Comune e con il Parco.

Chiedono di espandere le loro ditte in loco (le delocalizzazioni costano sopratutto in termini di perdite di risorse umane) ma anche che la zona sia riqualificata a partire da quei servizi di accoglienza (alberghiera e ristorazione) necessari alle loro relazioni. La nostra associazione si propone:

1. favorire l’incontro tra le realtà presenti

2. facilitare la comunicazione con le autorità politiche

3. elaborare un progetto d’area che veda la centralità degli imprenditori

Tutte le attività sono tra loro ormai assimilabili e la distinzione tra produttivo e commerciale, ma anche la residenza, è anacronistica ed un freno allo sviluppo. In un equilibrio dinamico lo sviluppo non è una scelta ma una condizione necessaria della sopravvivenza, per questo è fondamentale gestirlo affinché avvenga in termini sostenibili per l’ambiente sociale e naturale (ecologia e etologia).

Facilitano le attività produttive e commerciali una posizione prossima alla principali linee di collegamento, la dotazione di servizi e la scuola. Per questo Cesate, ma anche gli altri Comuni della area media delle Groane,potrebbero avere  uno sviluppo. La centralità al Parco e anni d’assenza potrebbero permettergli di essere sostenibile.

Cesate, ma anche gli altri Comuni della area media delle Groane, non sono adatti per degli insediamenti tradizionali perché, salvo perdere il suo territorio verde, non ha spazi per fare crescere nuovi insediamenti, ha però un ottima composizione sociale, molti servizi per la persona e una residenza estensiva.

Utilizzando con flessibilità le norme della legge 12/2005 sulla perequazione, la compensazione e incentivazione per recuperare al proprio interno nell’ambiente costruito lo spazio che gli manca per crescere le attività presenti e richiamare nuove attività qualificate.

Dai tempi dell’antica Roma condizionano il mercato immobiliare, necessario agli insediamenti delle attività, la speculazione e la parcellizzazione  delle aree, l’Amministrazione Comunale può avere un ruolo centrale sullo sviluppo solo se si pone a capo della gestione delle aree intervenendo direttamente nell’acquisizione e assegnazione di queste.

A differenza delle attività immobiliari per la residenza che ha cicli di sviluppo molto lunghi, le attività imprenditoriali richiedono tempi di risposta molto brevi di cui la politica, più che la burocrazia, deve assumersi la responsabilità.

L’Amministrazione deve porsi nella condizione di operare riguardo le attività produttive e commerciali nello stesso modo in cui si è posta nei confronti dell’edilizia residenziale, con regole certe e assegnando risorse a patire da quelle umane perchè lo sportello unico non sia solo sulla carta.

Nuove ditte vorrebbero trasferirsi da Milano e investire per il suo potenziamento. A Cesate, ma anche negli altri Comuni della area media delle Groane, avrebbero trovato la collocazione ideale, sull’asse della Malpensa ben servita dalle comunicazioni, ma le aree indicate nel PRG, che corrispondono in tutto alle esigenze delle ditte, sono frammentate in tante proprietà.

Più ancora rappresenta un problema il prezzo delle aree richiesto dai proprietari che è pari a quello delle aree con destinazione residenziale, per il quale sono disposti anche ad aspettare convinti che prima o poi tali aree, fino a ieri agricole, diventeranno edificabili.

L’arrivo della ditte rappresenterebbe un’occasione di ricchezza economica, sociale e culturale per la cittadinanza, ma la politica esita, preoccupata di perdere l’appoggio dei proprietari delle aree e delle fazioni estreme dei due schieramenti.

La politica (locale) scarica su una nuova variante del PRG/PGT un’eventuale risposta, non capendo che di tutti i fattori il tempo è quello che maggiormente condiziona le scelte degli imprenditori, illudendosi per altro che l’urbanistica possa contrastare, anziché amplificare come invece di fatto avviene, i fenomeni speculativi del mercato. Potrebbe, invece, più semplicemente aprire alla perequazione urbanistica (art. 11 delle L.R. 12/2005) e intervenire sui valori ICI.

L’urbanistica che differenza la destinazione, che attribuisce valori diversi agli oneri alle diverse categorie d’intervento, droga il mercato immobiliare a favore della residenza, ostacolando il reperimento dei suoli e incentivando la dismissione degli insediamenti produttivi (il caso Pirelli è emblematico).

La viabilità incide, ma molto meno di quanto si pensi ed è a mio parere un altro falso problema, forse di più la mobilità la cui soluzione però l’hanno trovata persino le  imprese edili bergamasche (le stesse soluzioni le ho viste applicate persino in Kenia) attrezzandosi con i pulmini coprono i cantieri di tutto il nord italia.

Piuttosto incidono nelle scelte localizzative le qualità dei servizi accessori e alla persona, un contesto territoriale che favorisce le pubbliche relazioni sui potenziali partner commerciali in prossimità delle fiere, aereoporti e stazioni, con alberghi, ristoranti e attrezzature per il tempo libero (che potrebbero trovare posto sul Greenland).

A differenza di quanto dichiarato per sottrarre la politica dalle proprie responsabilità, le difficoltà degli imprenditori non dipendono solo dal difficile rapporto con la parte amministrativa degli enti locali, ma più spesso dall’inerzia politica, o più correttamente dalla combinazione tra le due.

Tant’è che non è stato risolto nulla trasferendo ai Comuni, con l’istituzione dello sportello unico (senza che per altro siano state destinate le risorse umane ed economiche per il suo funzionamento), le responsabilità uniche amministrative le quali comunque dipendono dai pareri di Enti incontrollabili, che agiscono il più delle volte discrezionalmente sulla base di troppe norme contraddittorie o vecchie.

Giuseppe Brollo